Raymond Queneau Quote
L’essere o il nulla, ecco il problema. Salire, scendere, andare, venire; tanto fa l’uomo che alla fine sparisce. Un tàssi lo reca, un metró lo porta via, la torre non ci bada, e il Pàntheon neppure. Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un’ombra (incantevole), Zazie il sogno d’un’ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l’ombra di un’ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota (oh! mi scusi). Laggiù, oltre, un po’ oltre, Place de la République, si accatastano tombe dei parigini che furono, che salirono e scesero scale, andarono e vennero per le vie e tanto fecero che alla fine sparirono. Un forcipe li introdusse, un carro funebre li porta via e la torre si arrugginisce e il Pàntheon si screpola più presto di quanto le ossa dei morti fin troppo presenti non si dissolvano nell’humus della città tutto impregnato di affanni. Ma sono vivo, io, e qui s’arresta la mia scienza perché del tassimane sparito nel suo trespolo a tassametro o di mia nipote sospesa a trecento metri nell’atmosfera o della mia sposa, la dolce Marceline, rimasta presso il focolare domestico, in questo preciso momento io non so, e qui non so, se non questo, endecasillabicamente: eccoli quasi morti perché assenti.
L’essere o il nulla, ecco il problema. Salire, scendere, andare, venire; tanto fa l’uomo che alla fine sparisce. Un tàssi lo reca, un metró lo porta via, la torre non ci bada, e il Pàntheon neppure. Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un’ombra (incantevole), Zazie il sogno d’un’ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l’ombra di un’ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota (oh! mi scusi). Laggiù, oltre, un po’ oltre, Place de la République, si accatastano tombe dei parigini che furono, che salirono e scesero scale, andarono e vennero per le vie e tanto fecero che alla fine sparirono. Un forcipe li introdusse, un carro funebre li porta via e la torre si arrugginisce e il Pàntheon si screpola più presto di quanto le ossa dei morti fin troppo presenti non si dissolvano nell’humus della città tutto impregnato di affanni. Ma sono vivo, io, e qui s’arresta la mia scienza perché del tassimane sparito nel suo trespolo a tassametro o di mia nipote sospesa a trecento metri nell’atmosfera o della mia sposa, la dolce Marceline, rimasta presso il focolare domestico, in questo preciso momento io non so, e qui non so, se non questo, endecasillabicamente: eccoli quasi morti perché assenti.
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